La nostra corale parrocchiale
Uno tra gli argomenti che da tempo è oggetto di confronto all’interno della Chiesa, riguarda il ruolo della musica e del canto nella Liturgia. Alcuni sostengono che il coro sia un elemento importante per l’animazione liturgica, altri invece sono convinti che dovrebbe essere tutta l’assemblea ad esprimersi nella gioia del canto. Taluni dichiarano che il coro possa rivelarsi una condizione di distrazione, così come è diffusa l’opinione che il canto debba essere un mezzo per coinvolgere maggiormente i giovani. Ora mi tolgo gli occhiali e mi getto nella mischia, tentando un personale approfondimento.Innanzitutto, sono convinto sia necessario piuttosto chiedersi quale sia la ragione della presenza di un coro nella Liturgia, anziché disquisire sul repertorio, sull’età anagrafica o sul numero delle persone che possono partecipare al canto liturgico, sui possibili strumenti musicali da utilizzare in Chiesa. Ho aperto il vocabolario e, avvicinando molto il libro perché sono senza occhiali, alla voce Coro ho trovato: Il coro è un insieme di persone che, sotto la guida di un direttore, si esprime artisticamente attraverso il canto. Questa definizione rispetta la realtà, ma assolutamente non mi basta. Il nostro Vescovo Luciano, durante il concerto del Coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina, tenutosi in occasione della visita del Santo Padre a Brescia, ha riaffermato l’importanza della musica e del canto con le testuali parole: “la musica trasforma il tempo in armonia”. Riprendendo poi le parole di San Paolo (1 Corinzi 10), “noi pur essendo molti, siamo un corpo solo”, ha sottolineato come anche un coro costituisca un esempio tangibile di quella affermazione. In effetti, i coristi, solo con la propria voce, danno vita ad un organismo nuovo che stabilisce un equilibrio proprio, che ha una propria timbrica, che respira sincronizzando i respiri, che diffonde armonicamente vibrazioni, trasmette emozioni, sentimenti, bellezza. E’ stupendo, ma ancora non mi basta. Il canto è motivo di elevazione spirituale, anima la liturgia rendendola più partecipata, avvicina lo spirito all’azione liturgica. Anche queste sono tutte affermazioni vere, ma solamente se non dimentichiamo cosa sia la Messa. La Liturgia non è una sacra rappresentazione e neppure un’abitudine conviviale. Non si tratta di un’oretta dovuta per sentirsi fratelli coerenti, di un momento da trascorrere il meno noiosamente possibile vivendo qualche emozione e raccogliendo un po’ di serenità. La Santa Messa è l’incontro tra Dio e ciascuno dei suoi figli. Sull’Altare si rinnova il sacrificio dell’Agnello, Gesù Cristo, Dio stesso e Padre nostro, che si fa Eucaristia per riportarci dalla cenere alla gioia eterna, ripeto: “dalla cenere alla gioia eterna”. Lui è il Risorto e solo con Lui potremo raggiungere l’immutabile purezza e la vera armonia. Per la forza del Suo sacrificio, che ogni volta sull’Altare si ripete, il nostro spirito potrà un giorno espandersi e confondersi con l’Infinito Amore, per sempre. Tutto questo senza un perché di questo mondo, nonostante le nostre fragilità, nonostante le nostre sofferenze, nonostante i nostri desideri siano spesso altrove, indirizzati verso obiettivi inutili per dove tutti dobbiamo andare, nonostante siamo solo “umanità”.Nella Divina Liturgia Ortodossa, prima del Grande Ingresso, corrispondente al nostro Offertorio, viene cantato dal coro l’Inno dei Cherubini, risalente al VI secolo: “Noi che misticamente rappresentiamo i Cherubini e alla Trinità vivificante cantiamo l’inno del Tre volte Santo, deponiamo ora ogni affanno terreno per ricevere il Re dell’universo, invisibilmente scortato dalle schiere Angeliche. Alleluia, Alleluia, Alleluia!“. Queste parole conservano ed esprimono il senso profondo del canto nella Liturgia. Il coro diventa veramente “parte della Liturgia” e rappresenta l’Icona di se stesso, una finestra aperta sul mondo Celeste, una immagine visibile che si apre al presente invisibile, in cui misticamente anche tutte le schiere degli Angeli si uniscono nello stesso canto, nella stessa armonia. I coristi, quando nella Liturgia intonano il canto, sanno che non sono soli, sanno che anche gli Angeli, percorrendo la Scala di Giacobbe (Genesi 28), ponte che congiunge l’Altare del Sacrificio con la porta del Paradiso, stanno cantando con loro. Questo è il senso profondo della comunione nello Spirito, nella quale “noi pur essendo molti, siamo un corpo solo”. Il mondo Celeste e quello terreno non sono poi così distanti. E ora sì, sono proprio contento!Mi rimetto gli occhiali e ringrazio uno per uno tutti i coristi per la loro passione e per il loro costante impegno. Che la Liturgia diventi in ciascuno di loro, giorno dopo giorno, Vita.
Romeo
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