xxv° dalla fondazione della parrocchia
Nella Settimana Santa di quest’anno, la chiesa parrocchiale del Divin Redentore festeggia i suoi primi venticinque anni di vita. Cinque lustri che l’hanno vista crescere, e trasformare una zona di prati ai confini della città in un piccolo centro dove ferve il lavoro e la vita continua, scandendo sull’orologio del tempo gioie, dolori, affanni, in un susseguirsi continuo che pone all’uomo la domanda di sempre sul senso della vita e sull’eternità. Venticinque anni non sono più cronaca ma non ancora storia; i giovani di allora, fatti adulti, gli adulti fatti anziani, quando narrano ai loro figli e nipoti la storia della nostra Chiesa, non potranno iniziare il racconto dimenticando il negozio prima Chiesa o lo scantinato dell’Oratorio. Non potranno dimenticare quei luoghi intorno ai quali si sviluppò un’intera comunità. E tutti oggi, come allora, sanno che alla base di tutto c’è Gesù Cristo, che sa parlare ai grandi e piccini, che conforta i malati, e dà speranza a chi si accosta a Lui con cuore sincero. E il progetto ambizioso “costruire una famiglia nella pluralità di idee”, dopo decenni di esperienza, rimane il motto difficile ma vero, attorno al quale questa nostra comunità continua a vivere e a sperare.
Don Oliviero
Venticinque anni della chiesa del Divin Redentore
e trentacinque anni della sua Comunità
Il 12 ottobre 1969, con l’ingresso di don Gianni Pierani nella Delegazione Vescovile, nacque la Parrocchia “Divin Redentore”, al servizio di una comunità in formazione all’estrema periferia nord-ovest di Brescia.
La prima comunità era formata da circa 250 famiglie, ma in pochi anni le famiglie diventarono almeno 650, a seguito della costruzione di importanti complessi condominiali.
La chiesa, che subito dopo il primo anno si era trasferita dal negozio d’angolo in via Interna al seminterrato della palazzina, adibita simultaneamente anche a canonica, scuola materna e oratorio, cominciava ad essere stretta, tanto più che si sapeva di piani di ulteriore sviluppo edilizio della zona.
Pur essendo poco idoneo per le celebrazioni, quel seminterrato favorì però nei parrocchiani la formazione della consapevolezza di appartenere a una comunità e della fierezza di appartenervi.
Era luogo d’incontro: ora scuola di canto per i ragazzi, ora sede della “Corale” degli adulti, ora teatro per i recitals a tema religioso proposti dal gruppo dei giovani. Con la scuola materna si era attivata anche una felice collaborazione, tuttora espressa con la dedizione e i preziosi servizi di suor Adele Putelli, con le Suore di Cemmo, un gruppo delle quali era venuto ad abitare un piccolo appartamento in mezzo alla comunità.
Tutti gli ambienti della scuola materna si trasformavano ogni domenica in aule di catechismo: i quattro gruppi iniziali in pochi anni divennero dodici.
Pian piano sorsero gruppi di ragazzi ACR, perché nel frattempo erano andati formandosi animatori e catechisti, che ogni settimana si trovavano insieme, ad approfondire il messaggio da trasmettere.
Alcune mamme oltre alle loro faccende domestiche trovavano il tempo di occuparsi della pulizia della chiesa e degli altri ambienti.
Andavano anche accomunandosi interessi di persone verso la Carità e le Missioni, anche perché alcuni operatori missionari avevano stretti legami di parentela con parrocchiani.
Coppie di sposi si incontravano per condividere i problemi e alcuni giovani offrivano loro per la circostanza un servizio come baby-sitter.
La palazzina era punto di riferimento anche per riunioni condominiali e per dibattiti su problemi sociali.
La visita del Vescovo agli inizi del 1970 aveva del resto catalizzato la tendenza alla coesione, quando aveva evidenziato la fortunata risorsa della comunità della Pendolina, che, in quanto giovane, si trovava particolarmente aperta allo spirito del Concilio Vaticano II.
Essendo le famiglie molto giovani, numerosissimi erano i bambini e poiché scuola materna, oratorio e chiesa erano molto frequentate, si cominciava anche a temere per la sicurezza della struttura.
Nel dicembre 1972 una folta assemblea di parrocchiani portò a concretizzarsi un’idea che era venuta man mano maturando ed elesse un gruppo di laici con il compito di studiare modalità per la formazione e il funzionamento di un Consiglio Pastorale. Nella Quaresima del 1973, in occasione della visita Pastorale del Vescovo Morstabilini, il costituito Consiglio Pastorale presentava il suo primo documento in cui già si manifestava “viva la speranza nella costruzione di una nuova chiesa…”
Nell’ottobre del 1974 un provvidenziale e casuale incontro del parroco con mons. Giovanni Fallani, già Presidente della Pontificia Commissione per l’Arte Sacra, diede corpo alla speranza, così che nel 1977, in occasione della celebrazione del suo XXV anniversario di sacerdozio, don Gianni Pierani poteva presentare alla comunità il progetto della nuova chiesa e il 28 maggio veniva posta la prima pietra.
La Domenica delle Palme 8 aprile del 1979, anno del Sinodo, la comunità, ulteriormente ampliata con i nuovi residenti di Rotonda Montiglio, in significativa processione dal vecchio seminterrato, entrava nella nuova bella chiesa, che veniva solennemente inaugurata alla presenza del Vescovo.
Da quel giorno a oggi la chiesa è venuta man mano, con il sollecito e attento contributo della comunità, impreziosendosi di opere d’arte; ma anche la comunità ha potuto impreziosirsi e crescere, estendendosi alle generazioni successive e alle nuove famiglie insediatesi o in transito il senso di coesione e partecipazione attorno all’altare delle celebrazioni.
La comunità parrocchiale, che si è oggi stabilizzata, con gli ultimi insediamenti, in circa 2600 persone, è unita e vivace; quasi più una comunità di paese che di periferia metropolitana. Un gruppo di famiglie è stabilmente inserito fin dall’origine e costituisce il tessuto fondamentale della Parrocchia, mentre un secondo gruppo è costituito da famiglie che risiedono solo temporaneamente per ragioni di lavoro. La Parrocchia in questi anni ha peraltro mostrato tendenza all’invecchiamento e numerosi sono gli anziani.
Persone di ogni età animano di attività la Parrocchia; alcune sono testimoni diretti della nascita e della crescita della Parrocchia, alla costituzione della quale hanno contribuito, collaborando con il primo Parroco e dal 2001 con il nuovo Parroco don Oliviero Faustinoni; altre si sono man mano aggiunte assicurando ricambio e continuità.
Queste persone hanno cura degli ambienti e del decoro della chiesa e dell’oratorio, provvedono alla catechesi dei ragazzi fino alla cresima, animano gruppi giovanili, adulti e anziani. In Parrocchia si sviluppa una catechesi per gli adulti; alle famiglie in particolare vengono dedicati incontri con relatori qualificati e alle giovani coppie vengono offerte opportunità per fondare amicizie e scambiare riflessioni sui diversi problemi.
Il gruppo Caritas ha attivato fra l’altro un servizio per la raccolta e distribuzione di vestiario, cui fa riferimento anche la Caritas Zonale, e il gruppo Missionario ha rapporti diretti e assidui con Missioni in Argentina, Zaire, Burundi, Albania e Perù, ove operano persone legate a famiglie della Parrocchia. In particolare in Albania la comunità ha reso possibile la ristrutturazione di una scuola.
Molta attenzione è dedicata all’animazione della Messa; si è ormai confermato un importante e impegnato gruppo corale e numerosi sono i giovani che curano l’accompagnamento musicale dei canti assembleari con gradevoli e svariati strumenti. Viene curata la preparazione e la sensibilità di un gruppo di chierichetti. Tanti sono i parrocchiani di ogni età che offrono disponibilità per i diversi ministeri della liturgia.
La comunità è particolarmente legata ad alcune tradizioni che sono venute consolidandosi nel tempo: la festa dell’oratorio e il Rosario di maggio nel campo; i riti dei tempi natalizi e pasquali, che sono venuti arricchendosi di segni, di colore, di comunione; il ritrovarsi dopo la Messa sotto l’aggettante e accogliente tetto della chiesa a scambiarsi le notizie sui figli, i malati, le gioie delle famiglie; i pellegrinaggi e il turismo parrocchiale; il Grest; la vacanza estiva per i ragazzi in montagna.
Viene pubblicato e diffuso in occasioni significative un bollettino parrocchiale, ma per ogni domenica i giovani curano un molto apprezzato foglio di attenta e allegra informazione sulle attività parrocchiali.
Dopo che la comunità ha potuto contare per tanti anni sull’apprezzata e affettuosa collaborazione dei sacerdoti in aiuto al Parroco come don Palmiro Crotti, don Osvaldo Mingotti, don Angelo Nassini, don Mario Neva, don Beppe Mensi, don Stefano Bertoni e don Angelo Tosi, si apre a nuovi orizzonti con il recentissimo avvio dell’Unità Pastorale per i giovani assieme alle parrocchie di Urago Mella e S. Spirito, affidata a don Bruno Cadei.
Dalla comunità sono giunte a buon fine la vocazione sacerdotale di Don Massimo Caprioli, Curato nella Parrocchia della SS. Trinità, e di Don Mauro Gozio, eremita diocesano in quel di Pistoia; non mancano speranze che altre vocazioni fioriscano, se la comunità potrà conservare e trasmettere la consapevolezza che ognuno è amato da Dio e quello spirito di amicizia, a cui è stata educata.
Mario Baroggi
TESTIMONIANZE
Anche gli angeli camminano in punti di piedi
È difficile turbare i sentimenti dell’intimo, e bisogna aver riguardo ad entrare precipitosamente, là dove perfino gli angeli camminano in punta di piedi.
E quando i ricordi sono “gonfi” è difficile esprimerli.
Quali sentimenti nascono in me ricordando quel lontano 8 aprile 1979?
Una giornata splendente di sole; doveva essere così il primo mattino della creazione del mondo.
Una selva di rami d’ulivo agitati da una folla di persone, piccole e grandi, che si avviava, in festa, ad entrare per la prima volta nella Nuova Chiesa.
Uno stormo di bianche colombe che si innalzavano nel cielo azzurro, da rapirti e inchiodarti lo sguardo e il naso in su.
Quale l’augurio?
Ora che la chiesa è finita in ogni particolare, ed è bella, tocca a voi costruire la chiesa di pietre vive che siete voi, tempio dove regna la presenza dell’AMORE.
Quale preghiera?
Salutatemi l’“ODIGHITRIA”, e dite che ho voglia di vederLa: andate con amore e fiducia da Lei e lasciatevi condurre a Gesù.
Vostro don Gianni
Cinque lustri di vera vita 1979-2004
Sembrava dicesse: “Sono qui”, quando dai campi è spuntata come un fungo la bella nuova chiesa del Divin Redentore alla Pendolina di Brescia nel 1979.
Era tutto verde in giro; emergevano la Rotonda Montiglio con i suoi condomini, qualche costruzione a ridosso della collina e alcune strade sulla strada per Collebeato.
Oggi la chiesa è soffocata alla vista, ma dentro vi respira e cresce una vivace comunità di credenti.
Don Gianni Pierani ha fatto nascere la comunità parrocchiale e l’edificio, con la tenacia e la costanza di un genitore amoroso, coinvolgendo costantemente i suoi fedeli con grandi sacrifici, perché divenisse il centro propulsore di incontro, di conoscenza, di crescita, di condivisione e di grazia nel Signore.
Grazie, don Gianni, per tanta generosità pastorale, nel saper coinvolgere tutti con le tue belle maniere e col tuo ottimismo!
Come collaboratore domenicale ero ammirato dell’impegno dei catechisti, dei cantori, del piccolo clero, della dedizione di uomini e donne fatti, nel modo di vivere la vita cristiana.
Li ricordo singolarmente sorpreso della matura testimonianza che offrivano anche a un sacerdote.
E le mamme dei ritiri domenicali nei periodi forti dell’anno? Quanta disponibilità e volontà di ben operare.
Sono buone le mamme della Pendolina e che serio impegno di spose e di educatrici dei loro figli!
Mi prendeva il cuore anche don Massimo Caprioli, quando la domenica mattina usciva dallo stabilimento e veniva a servire la messa, ancora abbrunito dalla polvere del lavoro notturno.
Oggi è felicemente sacerdote da cinque anni alla SS. Trinità di Brescia, abbrunito da una folta barba bonaria.
Ricordo con sincera soddisfazione l’impegno di don Mario Neva nello studio della filosofia e all’oratorio come educatore e guida della comunità nascente e l’aiuto costante delle Suore di Cemmo nella collaborazione a tutto campo.
La legge canonica ci ha privato della presenza di don Gianni in parrocchia, ma non del suo cuore che pulsa costantemente per gli amici del Divin Redentore.
Oggi il compito pastorale è affidato a don Oliviero, del quale conosciamo i carismi, per superare le molteplici difficoltà che la situazione storica, in continua evoluzione, ci propone, pur nel crescere della comunità.
Noi crediamo che il Signore non è assente per nessuno di noi; anzi ricordiamo il suo impegno: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli”.
Il Divin Redentore accompagni i cari parrocchiani con la sua grazia e benedizione in ogni momento, per una crescita cristiana e costante.
È l’augurio e la preghiera di
don Osvaldo Mingotti (ha operato presso il Divin Redentore dal 1971 al 1985)
Solo il Sabato e la domenica
Io arrivai nella parrocchia di Don Gianni nel 1972.
Ero in Seminario e considerai un dono grande poter venire, almeno il sabato e la domenica, nella vostra comunità, per conservare lo spirito e il cuore dei tredici anni passati a Vobarno. Il mio grazie va a don Gianni e al Vescovo Luigi.
La mia prima esperienza simpatica nella comunità del Divin Redentore la vissi il giorno dell'ingresso (per modo di dire) di don Gianni: il grande Padre Marcolini, saltando in un orto lungo la strada, sradicò un grosso cavolfiore e lo consegnò a don Gianni dicendogli "Almeno questo l'avrai!".
Io venni nella vostra Comunità per quattro anni e fu un tempo molto bello. Ricorderò sempre le animate celebrazioni eucaristiche tanto partecipate in quel seminterrato, i bei canti condivisi da tutti, i bei pomeriggi all'oratorio, l'esperienza meravigliosa dei campeggi - uno più forte dell'altro .
In quegli anni si parlava molto della nuova chiesa da costruire... quella di cemento, dato che quella di pietre vive era già cresciuta molto bene.
Durante l'ultimo anno della mia permanenza insistetti con don Gianni, perché chiedesse il curato fisso.
Nell'estate del 1976 arrivò Don Mario e io passai nella parrocchia di S. Antonio, in via Chiusure.
Colgo l'occasione del venticinquesimo della nuova Chiesa per ringraziare Don Gianni, la vostra comunità parrocchiale e, in modo speciale, il gruppo dei giovani e le suore che lavoravano tanto e tanto bene in quel tempo.
don Palmiro Crotti (ha operato presso il Divin Redentore dal 1972 al 1976)
Un giorno di primavera
Un giorno di primavera, precisamente l'otto aprile 1979: uno stuolo di chierichetti e la lunga processione che si disnoda a partire dall'Oratorio, da quella che ormai è improvvisamente diventata la seconda ex-chiesa, verso il nuovo edificio cresciuto in fretta e piantato nel verde.
Di quel giorno ricco di emozioni anche liturgiche, era la Domenica delle Palme, resta indimenticabile la luce, la quantità di gente, il coro, la diretta radiofonica, la gioia profonda e semplice di un popolo. In quegli anni eravamo in tanti e soprattutto eravamo giovani, con tantissimi bambini che riempivano le scuole elementari e medie e soprattutto la liturgia domenicale. Alcuni di loro sono già sposati con figli. Alcuni degli adulti presenti ci hanno lasciato.
Di tutto il ricordo più vivo è quello di don Gianni, sacerdote capace di volere veramente bene, un vero pastore; la chiesa del Redentore porta la sua impronta, è la realizzazione di un sogno che è diventato sempre più reale e dilatato. I sacerdoti che l'hanno incontrato ne sono consapevoli: Don Palmiro, don Osvaldo, il sottoscritto, don Stefano (sacerdote di cui la nostra città dovrà dimostrare di essere degna), don Massimo.
Forse non tutti ricordano che il pavimento era di cemento grezzo e solo successivamente venne posato secondo le attuali fattezze. Proprio il pavimento fu occasione di importanti discussioni sul significato di una comunità cristiana che abbellisce il tempio per potere celebrare il Signore presente ma che da lì riceve l'impulso per vivere la sua vita nel mondo.
Erano i primi mesi di pontificato di Giovanni Paolo II, da poco erano scomparsi Paolo VI e Giovanni Paolo I; gli effetti dell'uccisione di Aldo Moro gravavano pesantemente sulla coscienza offesa degli italiani a pochissimi anni dalla bomba di Piazza Loggia.
Un momento cruciale dunque che ci introduce negli anni ottanta, periodo storico della realizzazione delle profezie degli anni sessanta sull'impero consumistico e mediatico che ci invade anche oggi con i suoi benefici e con le sue insopportabili schiavitù.
L'augurio ai carissimi parrocchiani del Redentore è che il recupero della memoria storica di questi venticinque intensi anni sia lo stimolo di un continuo e fecondo rinnovamento.
Lo scrivente non nasconde la sua simpatia, oserei dire la preferenza per l'affascinante tempio della natura, la consapevolezza che bisogna rivestire i poveri e non le pareti e che, infine, una casa confortevole è utile solo per chi viaggia allo scopo di portare ovunque il vangelo.
Ricordate i veri adoratori…in spirito e verità?
don Mario Neva (ha operato presso il Divin Redentore dal 1976 al 1989)
La Chiesa è la casa di tutti
Anche le comunità cristiane, come le famiglie, hanno la propria casa. E' sempre un luogo assai caro, perché la vita delle persone cresce tra le mura domestiche e si prepara a quel tanto o poco che si svolge fuori, nelle attività lavorative, socio-politiche, sportive, relazionali in genere.
La chiesa è la casa di tutti coloro che vogliono sentirsi in comunione in forza del comune Battesimo e della stessa fede nell'unico Signore e Salvatore.
Ricordare l'edificazione della propria chiesa è molto di più di un gradito anniversario; è un momento di verifica della propria appartenenza ad una comunità parrocchiale.
Si distinguono bene le chiese in mezzo alle case, ricordano una esperienza viva che necessita di affetto e partecipazione, e non solo di rispetto.
Anche la chiesa è casa nostra: ci andiamo per celebrare, per pregare, per riconoscerci attraverso la nostra identità cristiana.
Ma la chiesa è anche la casa del Signore: per questo in chiesa ci sentiamo a casa. Non chiediamo: "E' permesso?” Chi ci abita sa già che noi andiamo e ci aspetta.
Siamo ospiti attesi e desiderati.
Allora far memoria è un dovere che ci aiuta a ripensare il passato, a vivere intensamente il presente e a pensare seriamente al futuro.
Le chiese restano un segno che ci richiama a vivere non solo entro l'orizzonte terreno, ma a guardare all'unico Signore che ci accoglierà nella casa di suo Padre, dopo averci accolti nella casa che gli abbiamo costruito noi.
E' la stessa Persona che ci accompagna: non perdiamoci in fantasie.
Fidiamoci di Lui, impariamo a conoscerlo sempre meglio. Solo così lo riconosceremo per sempre, senza incertezze, con intelligenza e amore, sicuri di non perderlo più.
don Angelo Nassini (ha operato presso il Divin Redentore dal 1989 al 1991)
Una Chiesa non è mai vuota !
Ripenso alla nostra chiesa del Divin Redentore e la prima immagine che mi viene in mente è la nostra chiesa vuota, quando il mattino l’aprivo, prima che altri giungessero. Certo che sono state tantissime le volte in cui non c’erano posti liberi nei banchi e c’eravamo quasi tutti, certo che ci siamo sentiti uniti come comunità nel celebrare in tanti le lodi di Dio, ma la nostra chiesa è bella anche “vuota”, perché non è mai priva di presenza.
Quelle mattine si sentiva il vuoto dei banchi come un’attesa di chi sarebbe venuto, l’attesa serena che veniva poi puntualmente soddisfatta da chi giungeva per pregare; si ascoltavano sui banchi “vuoti” le preghiere dei giorni precedenti, deposte lì in attesa che altri le portassero avanti, ripresentandole al Signore.
È in quei momenti che avevo la percezione che la nostra chiesa, anche solo come edificio, fosse una realtà viva e che avesse trovato una gioiosa simbiosi con la nostra comunità, per cui ci si sosteneva reciprocamente e noi eravamo utili alla chiesa, così come l’edificio lo era a noi. In mezzo alle nostre case era stata piantata una tenda e Dio stesso vi era venuto ad abitare.
La consapevolezza di questa presenza viva è la preghiera e l’augurio …
don Stefano Bertoni (ha operato presso il Divin Redentore dal 1990 al 2001)
Dalla chiesa edificio alla chiesa popolo di Dio
Un pensiero di riconoscenza a Dio in questo anniversario per i 25 anni di consacrazione della chiesa del Divin Redentore. Ero un ragazzo quando in un giorno di pioggia ho visto la posa della prima pietra della nostra chiesa. Poi ho visto la posa di molte pietre spirituali in essa e sopra di essa. Ho visto crescere la Chiesa: uomini e donne che hanno fatto crescere il popolo di Dio. Ho fatto davvero esperienza della Chiesa. In essa è cresciuta la vocazione al Ministero ordinato ed essa ha visto la mia prima Messa, in un giorno di lode e di esultanza per il popolo di Dio. Così la mia strada è passata dalla chiesa edificio alla Chiesa popolo di Dio e Corpo di Cristo. Auguro a tutti i parrocchiani del Divin Redentore di amare la loro chiesa e di trovare sempre in essa la Fonte della Vita: Gesù Cristo nostro Signore e Redentore.
don Massimo Caprioli
Un ricordo e un bene prezioso
Ho vissuto nella parrocchia del Divin Redentore un breve periodo della mia vita. Pochi mesi. Dall’ottobre del 1989 ai primi di giugno del 1990, quando ricevetti l’ordinazione sacerdotale. E solo per pochi giorni alla settimana: dal venerdì pomeriggio alla domenica sera. Eppure è stato un periodo intenso e alquanto importante per la mia vita. Era per me l’anno del Diaconato, un anno che per la prima volta veniva impostato in maniera più ‘pastorale’, cioè non solo ristretto dentro il seminario, nei suoi ritmi, nelle sue mentalità e scadenze, ma anche più a contatto con la vita, la realtà di una comunità parrocchiale. Tra la gente insomma e non solo tra i compagni, i corsi di teologia e le liturgie solenni e impeccabili.
Confesso che non fu così facile. Provengo da Villachiara, un piccolo paese a pochi chilometri dall’attuale casa di don Gianni. La città era, tutto sommato, ancora un mistero al punto che il nome ‘Pendolina’ non l’avevo mai neppure sentito. Mi immaginavo situazioni non facili, un’atmosfera più complicata e diversa da quella che avevo respirato nella mia infanzia e in altre esperienze pastorali.
Non ricordo bene dove e quando sono finite queste strane paure, ciò che comunque mi è rimasto è stato il clima di accoglienza, di amicizia e di fiducia che ho respirato in tante persone, in famiglie intere, in molti giovani e ragazzi e primo fra tutti in don Gianni. Niente di chissà che, sia chiaro, mi è bastata la sua presenza, il fatto di ritrovarmi spesso con lui in canonica per il pranzo o la cena, la sua indistruttibile serenità, la gratitudine per ogni minima cosa che si riusciva ad imbastire! Così, senza neppure rendermi conto, ho cominciato a vedere le cose in modo diverso, a sentirmi parte di un mondo che prima ritenevo tanto lontano e indifferente. Ho cominciato a vedere oltre i palazzi, il cemento, una comunità, persone che si volevano bene, persone che amavano Cristo e mi insegnavano ad amarlo.
Il giorno della mia Prima Messa a Villachiara (poi ripetuta alla Pendolina), nel fiume di gente mi colpì proprio questa comunità, la sua gratitudine, la sua discrezione, la sua commozione, la sua vicinanza, il suo affetto. Ho registrato tutto con particolare cura, come un ricordo e un bene prezioso. E proprio perché non ho più trovato occasione per farlo non posso evitare di esprimere ora tutta la mia riconoscenza.
don Giuseppe Mensi
Un parrocchiano della "prima ora"
Si compiono i 25 anni dall'inaugurazione della chiesa del Divin Redentore. Mi si chiede una rapida testimonianza quale parrocchiano della "prima ora". Non avevo avvertito che fossimo già pervenuti alle nozze d'argento! Il constatarlo promuove uno sciame di ricordi: uno di questi va a quel seme di chiesa ricavato nell'angusto vano d'angolo di via Interna; alla sua capacità di aggregare quel primo nucleo di famiglie, delle più eterogenee provenienze, così da dare inizio al formarsi di una vera comunità. Il processo continuò nel seminterrato dove ancora oggi sorge l'oratorio. È stato uno sviluppo religioso sociale e civile adeguato al rapido susseguirsi di ulteriori, sempre nuove famiglie. Di quel processo l'animatore fu don Gianni, per il cui tramite il Dispensatore dei Doni giunse a fondere tante storie, tante vite, tanti traguardi. Quelli che allora erano giovani figli ed oggi sono, più o meno maturi genitori, possono testimoniare quella storia in cui don Pierani fu affiancato via, via dai sacerdoti ricordati in altra parte di questo documento. M'è difficile scegliere tra l'affastellarsi dei ricordi che premono, i soli che possano ritenersi più significativi per riuscire ad essere breve! Mi limiterò a dare testimonianza all'humus per cui si realizzò il dono provvidenziale di quella fusione di tante provenienze disparate in una comunità omogenea. Credo di essere nel vero se ne colgo il fattore determinante nella spiccata umanità di don Gianni, che rendeva concreta ed adeguata ad ogni esigenza, la sua fede. Seppe pure contagiarne i confratelli, che lo affiancarono e arrivare al cuore di ogni membro della comunità.
Anche questo, come ogni anniversario, ci rammenta che il tempo passa ed i protagonisti pure. Ma fa bene constatare come quella testimonianza sia raccolta da coloro che oggi fanno parte della comunità del Divin Redentore, attorno al loro attuale pastore: don Oliviero.
Luciano Silveri
Una comunità, la sua nuova chiesa.
Quando, la Domenica delle Palme del 1979, siamo entrati nella nuova chiesa, molto più spaziosa, più luminosa, più bella dello scantinato che ci aveva ospitato fino a quel giorno, eravamo proprio una famiglia che traslocava nella nuova casa.
Una famiglia viva, ricca di relazioni umane e di impegno cristiano, costruito grazie all’impegno di tutti: Don Gianni, il cui impegno nel costruire la comunità non è mai venuto meno fino all’ultimo giorno della sua presenza tra di noi, i sacerdoti che l’avevano affiancato in quegli anni, primi tra tutti don Osvaldo e don Palmiro, suor Monica e le altre suore e i molti laici che hanno creduto nella scommessa della costruzione di una nuova comunità parrocchiale alla Pendolina.
Ricordo ancora che ci chiedevamo se passare dalla cantina al “lusso” della nuova chiesa avrebbe annacquato il forte senso di comunità che si era costruito in quei dieci anni. Ma non è stato così, anche se è stato difficile mantenere nel tempo quella partecipazione alle liturgie che l’ambiente più raccolto favoriva.
La scelta di sobrietà che ha accompagnato non solo la costruzione, ma anche poi il completamento e la gestione dell’edificio-chiesa, ha favorito in ciascuno il sentire la chiesa come la propria casa.
Sono passati 25 anni, e la nostra chiesa accoglie non più una comunità giovane, ricca di una moltitudine di bambini, ma una comunità ormai matura, che si trova piuttosto a fare i conti con il suo invecchiamento e, cosa molto più grave, con un senso di appartenenza un po’ sfumato, soprattutto da parte delle fasce più giovani.
Il futuro della nostra comunità è legato a quanto, come laici, sapremo farci protagonisti della vita della comunità stessa, riuscendo a coniugare la molteplicità degli impegni che la vita odierna ci impone, con il tempo necessario per vivere e condividere il cammino della parrocchia, con particolare riferimento all’oratorio, che per riprendere il suo significato di luogo educativo per la crescita cristiana dei giovani e dei ragazzi ha bisogno della disponibilità e della presenza appassionata di ciascuno.
Sergio Danesi
Io non c'ero ma...
Quell’8 aprile 1979, non ero presente alla festa della tua “nascita” e a dirti il vero il sapere che ti stavi formando, a poco a poco, in quell’angolo verde ai piedi delle colline del mio quartiere, mi diceva proprio poco Ma non fu così per il Signore che subito suggerì, a chi di dovere, il nome giusto da darti: “Divin Redentore”, un nome bellissimo che vuol essere il programma di vita di una comunità. Non so dirti quando e come mi hai cercata, trovata e condotta da te. So solo che da allora la mia vita si è innestata con il progetto di Dio. E così, a poco a poco, attraverso le varie vicissitudini della vita di sposa, di madre ed ora di nonna, continuo a scoprire sempre di più che tu sei la via sicura e chiara per ritrovare se stessi e soprattutto ritrovare Dio in una comunità che ti vuole bene e dove ci si vuol bene. Mi è piaciuto scoprire quell’immagine che i primi Padri della Chiesa avevano di te. Tu possiedi il mistero della luna: di notte non è la luna a far luce, bensì il sole, che la luna provvidenzialmente ci riflette; ma non sempre ci pensiamo. Quando succede che scopriamo il ruolo che Dio ti affida: di specchiare Lui, allora tutto si trasforma dentro e fuori di noi. Ora sono felice di esserci alla festa del Tuo XXV anniversario e... grazie perché mi sei indispensabile.
Cosetta
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